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martedì 2 ottobre 2012

Il cammino di Santiago e il Gioco dell'Oca

 
Una tradizione sostiene che il “gioco dell’Oca” sia ispirato al cammino di Santiago e sia stato inventato dai Templari nell’XI secolo. Il gioco aveva inizio a Logroño. E proprio sul pavimento della piazza di questa città, dietro alla chiesa di san Giacomo,  c’è un gigantesco  juego de la oca, opera del XX secolo, che percorre il Cammino di Santiago attraverso la rappresentazione, nelle caselle significative,  delle città e dei monumenti principali. In questa sede non ci interessa indagare sull’origine del gioco ma a partire dalla correlazione fatta in tempi più o meno recenti, e che trova riscontro proprio sulla piazza di Logroño, vogliamo cercare di capire quello che il “Gioco dell’Oca” con le sue regole e i suoi simboli, possa dire a chi si prepara a vivere l’esperienza del Cammino.
 
  1. Il valore simbolico del Gioco dell’Oca.
Per il giocatore superficiale e poco attento varrà, con molta probabilità, il consiglio di rivolgere la propria attenzione a qualcosa di più “moderno”; la ricchezza dell’Oca è tesoro per pochi, per quei pochi che, avendo occhi attenti non per guardare, ma per investigare, rimangono colpiti dalle implicazioni simboliche, dai continui rimandi al pensiero alchemico, della struttura sapienziale che pervade il tutto.[1]
Il “Gioco dell’Oca” è un gioco sostanzialmente simbolico e, come la maggior parte dei giochi di percorso antichi, propone un percorso iniziatico.
- La vita come pellegrinaggio.
Il percorso del gioco è una successione di 7 cicli di 9 caselle (in ogni ciclo la 5° e la 9° casella sono oche). Questi numeri si collegano direttamente alla teoria degli “anni climaterici”, tenuti in grande considerazione dall’astrologia classica: i cicli settenari e novenari segnano infatti gli anni fondamentali della vita umana che, in questo caso, si concluderebbe con il sessantatreesimo anno, chiamato “il grande climaterio”. In questo senso il gioco può essere inteso come una rappresentazione simbolica del percorso stesso della vita, che non è un vagare casuale e disordinato e nemmeno uno stare fermi e mettere le radici ma è un camminare verso una meta precisa, che nel nostro caso è rappresentata dal “Giardino delle oche”.
- Il cammino iniziatico.
 Il “Gioco dell’Oca”, come il labirinto richiede, prima di poter arrivare al traguardo, di affrontare difficoltà e pericoli. Non è scontato che il giocatore riesca ad arrivare alla fine: il suo cammino può interrompersi o ricominciare per diversi motivi e infinite volte. L’unico modo per poter vincere subito, senza fatica e senza continuamente fare affidamento ai dadi sarebbe quello di fare 9 al primo tiro e così arrivare al traguardo saltando di oca in oca. Questa possibilità è esclusa dalle regole:
Chi al principio del Giuoco sortirà con i dadi il n°9 se per in numeri 6 e 3 anderà al n°26, e se per i numero 5 e 4 anderà al n°53.
Il premio finale può essere conquistato solo passando attraverso le prove e le peripezie previste dal cammino che, una volta superate, aprono il giocatore a una nuova visone della realtà.
- Un  percorso di unificazione.
Il percorso del “Gioco dell’Oca” è disposto a spirale, dall’esterno verso l’interno. Per chi lo compie è un percorso di unificazione interiore: dalla pelle al cuore, dalle tante cose che si fanno a chi si è, ritorno in sé e scoperta di sé.
- Il Giardino delle Oche
L’obiettivo del gioco è raggiungere il “Giardino delle Oche”, il centro del tabellone, al quale si accede arrivando con un lancio di dadi esattamente alla casella 63 (la porta del “Giardino delle Oche”). Il “Giardino delle Oche” non è né una casella né un passaggio: è il luogo dove ci si ferma e dove si sta. Non è numerato ed è come se fosse fuori dalla serie e fuori dalla storia. Se fosse numerato sarebbe il numero 64: il numero che per i discepoli di Pitagora rappresentava il duro cammino che dà accesso alla perfezione, numero composto da 6 e 4, la cui somma è 10, ossia la perfezione, l’Unità, il motore immobile, Dio.
- Il Cammino di Santiago
I significati simbolici illustrati sono gli stessi del Cammino di Santiago: il pellegrinaggio come metafora della vita, un cammino iniziatico che dà significati nuovi alla realtà, un percorso di unificazione interiore.
Merita un’attenzione particolare l’identificazione della meta del Cammino di Santiago nei simboli del “Gioco dell’Oca”. Solitamente la tomba di san Giacomo è associata alla casella 58 (la morte) mentre la città di Santiago alla casella 59 (l’ultima oca). Queste due caselle non sono la fine del cammino, che invece prosegue sino a Finisterre (casella 63), la fine del mondo, dove si intuisce la meta vera, che è il Paradiso e la comunione piena con Dio.
  1. Il Significato simbolico dell’Oca
Per la cultura classica l’oca e il cigno erano simbolicamente relazionati alla saggezza, all’iniziazione dei giovani. Nel medioevo il simbolismo si arricchisce della visione celtica, secondo cui l’oca è simbolo dell’aldilà e guida dei pellegrini. I popoli antichi gaelici della Spagna settentrionale attribuivano al maestro l’appellativo di “oca” perché questa rappresentava una sapienza superiore, guida inviata dagli dei. I mastri costruttori delle cattedrali medioevali adottarono la zampa d’oca come simbolo di creatività .
L’oca gode inoltre nell’alto medioevo di un particolare valore simbolico legato alla sua presenza nella tradizione orientale prima e cristiana poi. La nota storia delle oche del Campidoglio, conferisce a quest’animale da cortile, confuso nell’Antichità indifferentemente con il cigno, un ruolo di guardiano che lo accompagna aventi nei secoli. L’oca è compagna e guardiana di san Martino di Tours (315 ca. – 397 ca.), l’oca è nell’XI secolo alla guida dei pellegrini verso Gerusalemme. Ma l’oca selvaggia è anche il bianco volatile ferito da un falco che incanta il giovane Perceval di Chrétien de Troyes (1160-1190) e poi il Parzifal di Wolfram von Eschenbach (1170 ca. – 1220 ca.).[2]
Nel Gioco dell’Oca, quelle con l’oca sono le uniche caselle esclusivamente positive: permettono di avanzare speditamente lungo il cammino. Si dice che sono 13 come erano nell’antichità le 13 tappe del cammino di Santiago e che rappresentassero quei luoghi sicuri sotto la protezione dei templari. Le caselle con l’oca sono d’altronde anche le uniche sulle quali non è possibile fermarsi ma danno una spinta verso la meta. Quante di queste “oche” si incontrano lungo il cammino di Santiago! Possono essere luoghi, persone, parole, celebrazioni, preghiere, eventi, incontri… Nel gioco dell’Oca le oche hanno a che fare con la meta: sono le oche del “Giardino” che entrano nella spirale, prendono il giocatore e lo attirano verso il luogo da cui provengono. È la stessa logica dell’incarnazione: l’uomo non può raggiungere Dio se non è Dio stesso che entra nella storia, apre una strada verso di se e accompagna l’uomo che, da solo, rischia di smarrirsi. In questo contesto Gesù è l’”oca” per eccellenza, come lascia intendere il crocifisso che nella chiesa templare a Ponte de Reina, proprio all’inizio del Cammino, è issato su di una croce che è fatta a zampa d’oca. È lui che dischiude all’uomo la vera sapienza, è lui la nostra guida, è lui il nostro maestro.
  1. Caso o Provvidenza
Malgrado la semplicità delle combinazioni di codesto giuoco, esso offre infatti più distrazione, e un più gran numero di eventi, che non ne offrono molti altri; è rallegrato dalle rozze, ma ben distinte immagini, che lo compongono, si presta ad una serie non interrotta di motti piacevoli, di sorprese, di speranze; egli ha finalmente il vantaggio di procedere dal caso, e di pareggiare per conseguenza le forze dei giuocatori; dà una lezione agli ambiziosi, mostrando loro, che colui chi va troppo lungi, può esser costretto a ritornare indietro, e diviene finalmente l’occasione di mille utili e famigliari insegnamenti, fra i quali non è da mettere in dimenticanza quello che da un vecchio chirurgo di marina fu dato ad alcuni fanciulli, che disputavano fra loro sul senso della parola Caso, ed i quali, come avviene sovente anche fra uomini grandi, dopo una lunga disputa, erano imbarazzati più che mai, e più che mai lontani dall’intendersi fra loro. Il vecchio, pregato da essi d’illuminarli, mostrò loro il giuoco dell’oca: la puglia del giocatore, diss’egli, può del pari andare all’osteria, e al fiume; all’oca trionfante, e alla prigione, o alla morte; i dadi decideranno; i dadi adunque sono l’emblema del Caso.
- Si, rispose in maggiore de’fanciulli: ma i dadi non cadono sempre come dovrebbero cadere: qualche volta mi sfuggono dalla mano; qualche volta la tavola pende; qualche volta pure mi urtano il braccio, e allora…
- Ciò non succede solamente al giuoco dell’oca, replicò il vecchio sorridendo: questo accade spessissimo anche nelle vicende della vita, e nelle cose del mondo; sovente l’umana volontà s’infievolisce nell’eseguire i suoi proponimenti, le circostanze, le passioni l’accecano; non vince sempre la partita colui che dovrebbe guadagnarla.[3]
Chi detta legge, nel gioco dell’Oca, non è la bravura del giocatore ma il lancio dei dadi. Il giocatore, per avanzare sul tabellone e per poter vincere, deve fare affidamento al Caso, al Destino o alla Provvidenza, come meglio si vuole chiamare. Solo quelli che “sanno” usare i dadi troveranno il numero magico, la chiave che apre la porta del lieto giardino dell’Oca.[4] E il gioco dell’oca è iniziatico anche da questo punto di vista, come lo è il Cammino di Santiago, perché ci insegna non a temere i pericoli che il Caso ci riserva nella vita ma ad affrontarli, scoprendo in essi le occasioni (a volte anche dolorose) che la Provvidenza semina nel nostro cammino per diventare veramente uomini e giungere così alla meta. Così è possibile scorgere la mano dell’”oca” che, nascosta nella storia, con cura e pazienza guida la nostra vita. Se osserviamo con attenzione le caselle speciali del gioco e il loro funzionamento comprendiamo ancora meglio. Vediamole nel dettaglio:[5]
Casella 6: il Ponte. Chi capita in questa casella paga il pegno convenuto e salta immediatamente avanti alla casella 12.
Questa casella rappresenta tradizionalmente il ponte romanico di Puente del la Reina, costruito all’inizio del XI secolo da una regina per agevolare il flusso dei pellegrini di Santiago. È il primo e improvviso salto in avanti, un primo vantaggio, seppur piccolo. La casella sembra essere simbolo dell’entusiasmo iniziale, dell’energia istintiva: vantaggiosa ma non esente da pericoli, come ricorda il pagamento del pegno. Essendo il ponte, a differenza delle oche, una costruzione umana, rappresenta anche il debito verso la storia precedente, grazie alla quale i nostri passi si affrettano verso la meta e di cui bisogna essere custodi e responsabili per le future generazioni (il pegno pagato).
Casella 19: l’Osteria “del tempo perduto”. Chi capita in questa casella paga il pegno convenuto e sta fermo un turno.
Questa casella rappresenta gli ostelli e i luoghi dove il pellegrino può trovare rifugio e riposarsi ma anche il luogo dove sono in agguato la pigrizia, l’ubriacatezza, i piaceri e il vizio che fermano e rallentano il cammino.
Casella 31: il Pozzo “dell’errore grave”. Chi capita in questa casella paga il pegno convenuto e sta fermo finché un altro giocatore venga al suo posto a liberarlo.
La casella del pozzo si trova esattamente a metà del cammino: è come se il simbolo ci dicesse che giunti a metà del percorso è possibile commettere l’errore grave di fermarsi, di fissarsi e irrigidirsi nell’orgoglio, nelle posizioni e nelle convinzioni acquisite. Il Pozzo non è per forza la fine di tutto ma da esso si può uscire purificati dall’acqua (a volte il Pozzo è associato al Monte di Gozo, l’ultima tappa prima di raggiungere Santiago, l’ultima occasione per purificarsi) e umili (la consapevolezza che non si può uscire dal Pozzo da soli).
Casella 42: il Labirinto “della scelta del cammino”. Chi capita in questa casella paga il pegno convenuto e torna nella casella dalla quale è arrivato.
Come i labirinti che si trovano disegnati sui pavimenti di molte chiese (anche del cammino di Santiago) la casella 42 impone la prova della pazienza: chi vi capita deve mettere un freno alla sua smania di raggiungere al più presto il traguardo e tornare indietro suoi passi per meditare sulla scelta del cammino. Il labirinto inoltre ci appare come simbolo delle scorciatoie illusorie, del pericolo della fretta e delle decisioni avventate, il pericolo in cui può incorrere il pellegrino sprovveduto che non conosce le regole del Cammino.
Casella 52: la Prigione. Chi capita in questa casella paga il pegno convenuto e sta fermo finché ottiene un 5 o un 7 con 2 dadi.
La Prigione è il luogo dove si è trattenuti non per propria volontà ma è anche un luogo dove i propri passi vengono custoditi, all’insaputa e con il disappunto del giocatore stesso. La prigione custodisce dalla morte, infatti i numeri da ottenere per uscire sono il 5 (con questo numero si arriva alla casella 57, quella prima della morte, rendendo così irraggiungibile la casella 58 perché non è possibile, lanciando 2 dadi, ottenere il numero 1) e il 7 (con questo numero si arriva alla casella 59 e la casella della morte è così superata).
Casella 58: La Morte o La Tomba. Chi capita in questa casella paga il pegno convenuto ma non può proseguire e ritorna all’inizio del gioco.
Questa casella è la più terribile del gioco perché, giunti ormai in vista della fine, ci obbliga a ricominciare da capo. È il simbolo della fatalità, del destino avverso che colpisce nel momento più inaspettato, quando la felicità sembrava a portata di mano. Ma questa casella non è il simbolo dell’annientamento totale ma anche e soprattutto di una speranza, pur nella sciagura: la possibilità di ricominciare il gioco. Questi significati si arricchiscono se pensiamo che questa casella è associata alla Tomba di san Giacomo: la meta del Cammino di Santiago, ma non la meta del gioco della vita. Da Santiago si intuisce la meta con più chiarezza ma siamo costretti a ricominciare la nostra vita quotidiana, arricchiti dall’esperienza vissuta.
Luca Buffoni





[1] N. Valentini, “Il molto dilettevole giuoco dell’oca. Storia, Simbolismo e Tradizione di un celebre gioco.”, Sometti, 2006.

 


[2] A. Papa Sicca, “Animali domestici, selvatici, immaginari” in “Il Medioevo – Barbari, Cristiani, Musulmani” a cura di U. Eco, Encyclomedia Publishers, 2010, p 227.

 


[3] L'ALBUM. Giornale Letterario e di Belle Arti n.51, Anno XII, Roma 14 febbraio 1856.


[4] M. Cepeda Fuentes, “Il gioco dell’oca o guida per il viandante” in “Abstracta” 35, marzo 1999.


[5] La descrizione delle caselle è tratta da D. Ferrero, “La struttura simbolica del gioco dell’oca” in www.labirintoermetico.com