Una tradizione sostiene che il
“gioco dell’Oca” sia ispirato al cammino di Santiago e sia stato inventato dai
Templari nell’XI secolo. Il gioco aveva inizio a Logroño. E proprio sul
pavimento della piazza di questa città, dietro alla chiesa di san Giacomo, c’è un gigantesco juego
de la oca, opera del XX secolo, che percorre il Cammino di Santiago
attraverso la rappresentazione, nelle caselle significative, delle città e dei monumenti principali. In
questa sede non ci interessa indagare sull’origine del gioco ma a partire dalla
correlazione fatta in tempi più o meno recenti, e che trova riscontro proprio
sulla piazza di Logroño, vogliamo cercare di capire quello che il “Gioco
dell’Oca” con le sue regole e i suoi simboli, possa dire a chi si prepara a
vivere l’esperienza del Cammino.
- Il valore simbolico del Gioco dell’Oca.
Per il giocatore superficiale e
poco attento varrà, con molta probabilità, il consiglio di rivolgere la propria
attenzione a qualcosa di più “moderno”; la ricchezza dell’Oca è tesoro per
pochi, per quei pochi che, avendo occhi attenti non per guardare, ma per investigare,
rimangono colpiti dalle implicazioni simboliche, dai continui rimandi al
pensiero alchemico, della struttura sapienziale che pervade il tutto.[1]
Il “Gioco dell’Oca” è un gioco sostanzialmente simbolico e,
come la maggior parte dei giochi di percorso antichi, propone un percorso
iniziatico.
- La vita come pellegrinaggio.
Il percorso del gioco è una
successione di 7 cicli di 9 caselle (in ogni ciclo la 5° e la 9° casella sono oche).
Questi numeri si collegano direttamente alla teoria degli “anni climaterici”,
tenuti in grande considerazione dall’astrologia classica: i cicli settenari e
novenari segnano infatti gli anni fondamentali della vita umana che, in questo
caso, si concluderebbe con il sessantatreesimo anno, chiamato “il grande
climaterio”. In questo senso il gioco può essere inteso come una
rappresentazione simbolica del percorso stesso della vita, che non è un vagare
casuale e disordinato e nemmeno uno stare fermi e mettere le radici ma è un
camminare verso una meta precisa, che nel nostro caso è rappresentata dal
“Giardino delle oche”.
- Il cammino iniziatico.
Il “Gioco
dell’Oca”, come il labirinto richiede, prima di poter arrivare al traguardo, di
affrontare difficoltà e pericoli. Non è scontato che il giocatore riesca ad
arrivare alla fine: il suo cammino può interrompersi o ricominciare per diversi
motivi e infinite volte. L’unico modo per poter vincere subito, senza fatica e
senza continuamente fare affidamento ai dadi sarebbe quello di fare 9 al primo
tiro e così arrivare al traguardo saltando di oca in oca. Questa possibilità è
esclusa dalle regole:
Chi al principio del Giuoco sortirà con i dadi il n°9 se per in numeri
6 e 3 anderà al n°26, e se per i numero 5 e 4 anderà al n°53.
Il premio finale può essere conquistato solo passando
attraverso le prove e le peripezie previste dal cammino che, una volta
superate, aprono il giocatore a una nuova visone della realtà.
- Un percorso di
unificazione.
Il percorso del “Gioco dell’Oca” è disposto a spirale,
dall’esterno verso l’interno. Per chi lo compie è un percorso di unificazione
interiore: dalla pelle al cuore, dalle tante cose che si fanno a chi si è,
ritorno in sé e scoperta di sé.
- Il Giardino delle Oche
L’obiettivo del gioco è raggiungere il “Giardino delle
Oche”, il centro del tabellone, al quale si accede arrivando con un lancio di
dadi esattamente alla casella 63 (la porta del “Giardino delle Oche”). Il
“Giardino delle Oche” non è né una casella né un passaggio: è il luogo dove ci
si ferma e dove si sta. Non è numerato ed è come se fosse fuori dalla serie e
fuori dalla storia. Se fosse numerato sarebbe il numero 64: il numero che per i
discepoli di Pitagora rappresentava il duro cammino che dà accesso alla
perfezione, numero composto da 6 e 4, la cui somma è 10, ossia la perfezione,
l’Unità, il motore immobile, Dio.
- Il Cammino di Santiago
I significati simbolici
illustrati sono gli stessi del Cammino di Santiago: il pellegrinaggio come
metafora della vita, un cammino iniziatico che dà significati nuovi alla
realtà, un percorso di unificazione interiore.
Merita un’attenzione particolare
l’identificazione della meta del Cammino di Santiago nei simboli del “Gioco
dell’Oca”. Solitamente la tomba di san Giacomo è associata alla casella 58 (la
morte) mentre la città di Santiago alla casella 59 (l’ultima oca). Queste due
caselle non sono la fine del cammino, che invece prosegue sino a Finisterre
(casella 63), la fine del mondo, dove si intuisce la meta vera, che è il
Paradiso e la comunione piena con Dio.
- Il Significato simbolico dell’Oca
Per
la cultura classica l’oca e il cigno erano simbolicamente relazionati alla saggezza, all’iniziazione dei giovani. Nel medioevo il simbolismo si arricchisce
della visione celtica, secondo cui l’oca è simbolo dell’aldilà e guida dei pellegrini. I popoli antichi
gaelici della Spagna settentrionale attribuivano al maestro l’appellativo di
“oca” perché questa rappresentava una sapienza
superiore, guida inviata dagli dei.
I mastri costruttori delle cattedrali medioevali adottarono la zampa d’oca come
simbolo di creatività .
L’oca gode inoltre nell’alto medioevo di un
particolare valore simbolico legato alla sua presenza nella tradizione
orientale prima e cristiana poi. La nota storia delle oche del Campidoglio,
conferisce a quest’animale da cortile, confuso nell’Antichità indifferentemente
con il cigno, un ruolo di guardiano che lo accompagna aventi nei secoli. L’oca
è compagna e guardiana di san Martino di Tours (315 ca. – 397 ca.), l’oca è
nell’XI secolo alla guida dei pellegrini verso Gerusalemme. Ma l’oca selvaggia
è anche il bianco volatile ferito da un falco che incanta il giovane Perceval
di Chrétien de Troyes (1160-1190) e poi il Parzifal di Wolfram von Eschenbach
(1170 ca. – 1220 ca.).[2]
Nel Gioco dell’Oca, quelle con l’oca sono le uniche caselle
esclusivamente positive: permettono di avanzare speditamente lungo il cammino.
Si dice che sono 13 come erano nell’antichità le 13 tappe del cammino di
Santiago e che rappresentassero quei luoghi sicuri sotto la protezione dei
templari. Le caselle con l’oca sono d’altronde anche le uniche sulle quali non è
possibile fermarsi ma danno una spinta verso la meta. Quante di queste “oche”
si incontrano lungo il cammino di Santiago! Possono essere luoghi, persone,
parole, celebrazioni, preghiere, eventi, incontri… Nel gioco dell’Oca le oche
hanno a che fare con la meta: sono le oche del “Giardino” che entrano nella
spirale, prendono il giocatore e lo attirano verso il luogo da cui provengono.
È la stessa logica dell’incarnazione: l’uomo non può raggiungere Dio se non è
Dio stesso che entra nella storia, apre una strada verso di se e accompagna
l’uomo che, da solo, rischia di smarrirsi. In questo contesto Gesù è l’”oca”
per eccellenza, come lascia intendere il crocifisso che nella chiesa templare a
Ponte de Reina, proprio all’inizio del Cammino, è issato su di una croce che è
fatta a zampa d’oca. È lui che dischiude all’uomo la vera sapienza, è lui la
nostra guida, è lui il nostro maestro.
- Caso o Provvidenza
Malgrado la semplicità delle
combinazioni di codesto giuoco, esso offre infatti più distrazione, e un più
gran numero di eventi, che non ne offrono molti altri; è rallegrato dalle
rozze, ma ben distinte immagini, che lo compongono, si presta ad una serie non
interrotta di motti piacevoli, di sorprese, di speranze; egli ha finalmente il
vantaggio di procedere dal caso, e di pareggiare per conseguenza le forze dei
giuocatori; dà una lezione agli ambiziosi, mostrando loro, che colui chi va
troppo lungi, può esser costretto a ritornare indietro, e diviene finalmente
l’occasione di mille utili e famigliari insegnamenti, fra i quali non è da
mettere in dimenticanza quello che da un vecchio chirurgo di marina fu dato ad
alcuni fanciulli, che disputavano fra loro sul senso della parola Caso, ed i
quali, come avviene sovente anche fra uomini grandi, dopo una lunga disputa,
erano imbarazzati più che mai, e più che mai lontani dall’intendersi fra loro.
Il vecchio, pregato da essi d’illuminarli, mostrò loro il giuoco dell’oca: la
puglia del giocatore, diss’egli, può del pari andare all’osteria, e al fiume;
all’oca trionfante, e alla prigione, o alla morte; i dadi decideranno; i dadi
adunque sono l’emblema del Caso.
- Si, rispose in maggiore
de’fanciulli: ma i dadi non cadono sempre come dovrebbero cadere: qualche volta
mi sfuggono dalla mano; qualche volta la tavola pende; qualche volta pure mi
urtano il braccio, e allora…
- Ciò non succede solamente al
giuoco dell’oca, replicò il vecchio sorridendo: questo accade spessissimo anche
nelle vicende della vita, e nelle cose del mondo; sovente l’umana volontà
s’infievolisce nell’eseguire i suoi proponimenti, le circostanze, le passioni
l’accecano; non vince sempre la partita colui che dovrebbe guadagnarla.[3]
Chi
detta legge, nel gioco dell’Oca, non è la bravura del giocatore ma il lancio
dei dadi. Il giocatore, per avanzare sul tabellone e per poter vincere, deve
fare affidamento al Caso, al Destino o alla Provvidenza, come meglio si vuole
chiamare. Solo quelli che “sanno” usare i dadi troveranno il numero magico, la
chiave che apre la porta del lieto giardino dell’Oca.[4]
E il gioco dell’oca è iniziatico anche da questo punto di vista, come lo è il
Cammino di Santiago, perché ci insegna non a temere i pericoli che il Caso ci
riserva nella vita ma ad affrontarli, scoprendo in essi le occasioni (a volte
anche dolorose) che la
Provvidenza semina nel nostro cammino per diventare veramente
uomini e giungere così alla meta. Così è possibile scorgere la mano dell’”oca”
che, nascosta nella storia, con cura e pazienza guida la nostra vita. Se
osserviamo con attenzione le caselle speciali del gioco e il loro funzionamento
comprendiamo ancora meglio. Vediamole nel dettaglio:[5]
Casella
6: il Ponte. Chi capita in questa casella paga il pegno convenuto e
salta immediatamente avanti alla casella 12.
Questa
casella rappresenta tradizionalmente il ponte romanico di Puente del la Reina , costruito all’inizio
del XI secolo da una regina per agevolare il flusso dei pellegrini di Santiago.
È il primo e improvviso salto in avanti, un primo vantaggio, seppur piccolo. La
casella sembra essere simbolo dell’entusiasmo iniziale, dell’energia istintiva:
vantaggiosa ma non esente da pericoli, come ricorda il pagamento del pegno.
Essendo il ponte, a differenza delle oche, una costruzione umana, rappresenta
anche il debito verso la storia precedente, grazie alla quale i nostri passi si
affrettano verso la meta e di cui bisogna essere custodi e responsabili per le
future generazioni (il pegno pagato).
Casella
19: l’Osteria “del tempo perduto”. Chi capita in questa casella paga il
pegno convenuto e sta fermo un turno.
Questa
casella rappresenta gli ostelli e i luoghi dove il pellegrino può trovare
rifugio e riposarsi ma anche il luogo dove sono in agguato la pigrizia,
l’ubriacatezza, i piaceri e il vizio che fermano e rallentano il cammino.
Casella
31: il Pozzo “dell’errore grave”. Chi capita in questa casella paga il
pegno convenuto e sta fermo finché un altro giocatore venga al suo posto a
liberarlo.
La
casella del pozzo si trova esattamente a metà del cammino: è come se il simbolo
ci dicesse che giunti a metà del percorso è possibile commettere l’errore grave
di fermarsi, di fissarsi e irrigidirsi nell’orgoglio, nelle posizioni e nelle
convinzioni acquisite. Il Pozzo non è per forza la fine di tutto ma da esso si
può uscire purificati dall’acqua (a volte il Pozzo è associato al Monte di
Gozo, l’ultima tappa prima di raggiungere Santiago, l’ultima occasione per
purificarsi) e umili (la consapevolezza che non si può uscire dal Pozzo da
soli).
Casella
42: il Labirinto “della scelta del cammino”. Chi capita in questa
casella paga il pegno convenuto e torna nella casella dalla quale è arrivato.
Come i
labirinti che si trovano disegnati sui pavimenti di molte chiese (anche del
cammino di Santiago) la casella 42 impone la prova della pazienza: chi vi
capita deve mettere un freno alla sua smania di raggiungere al più presto il
traguardo e tornare indietro suoi passi per meditare sulla scelta del cammino. Il
labirinto inoltre ci appare come simbolo delle scorciatoie illusorie, del
pericolo della fretta e delle decisioni avventate, il pericolo in cui può
incorrere il pellegrino sprovveduto che non conosce le regole del Cammino.
Casella
52: la Prigione.
Chi capita in questa casella paga il pegno convenuto e sta
fermo finché ottiene un 5 o un 7 con 2 dadi.
Casella
58: La Morte
o La
Tomba. Chi capita in questa casella
paga il pegno convenuto ma non può proseguire e ritorna all’inizio del gioco.
Questa
casella è la più terribile del gioco perché, giunti ormai in vista della fine,
ci obbliga a ricominciare da capo. È il simbolo della fatalità, del destino
avverso che colpisce nel momento più inaspettato, quando la felicità sembrava a
portata di mano. Ma questa casella non è il simbolo dell’annientamento totale
ma anche e soprattutto di una speranza, pur nella sciagura: la possibilità di
ricominciare il gioco. Questi significati si arricchiscono se pensiamo che
questa casella è associata alla
Tomba di san Giacomo: la meta del Cammino di Santiago, ma non
la meta del gioco della vita. Da Santiago si intuisce la meta con più chiarezza
ma siamo costretti a ricominciare la nostra vita quotidiana, arricchiti
dall’esperienza vissuta.
Luca Buffoni
[1] N. Valentini, “Il molto dilettevole giuoco dell’oca. Storia, Simbolismo
e Tradizione di un celebre gioco.”, Sometti, 2006.
[2] A. Papa Sicca, “Animali domestici, selvatici, immaginari” in “Il
Medioevo – Barbari, Cristiani, Musulmani” a cura di U. Eco, Encyclomedia
Publishers, 2010, p 227.
[5] La descrizione delle
caselle è tratta da D. Ferrero, “La struttura simbolica del gioco dell’oca” in
www.labirintoermetico.com